“Si ma come ti contano le ore?”

Andrea Giammarchi
3 min readMar 17, 2023

en: this is a follow up of my LinkedIn post (also in Italian) around one question I’ve been asked once back in Italy, after years of remote work.

it: Lavoro a tempo pieno da remoto dal 2018 ma già nel 2012 sono stato in remoto da Dublino, Irlanda, per il team di Menlo Park (FB) in California, prima di spostarmi a San Francisco.

In tutti questi anni all’estero nessuno mi ha mai posto questa domanda, ad eccezione di qualche Italiano e per la maggiore dopo il periodo di “Smart Working” forzato in tempo di pandemia, dove in tanti si son ritrovati costretti ad “assaggiare” questa tipologia di lavoro … e quante ne ho sentite in quei giorni … 🤦

La domanda secondo me rivela da una parte malafede data per scontata da parte dell’azienda che deve poter controllare i dipendenti poiché, dall’altra parte, si perpetua lo stereotipo dell’Italiano furbetto che non lavora …

Se c’è una cosa che Fantozzi dovrebbe averci insegnato, è che timbrare il cartellino, ed essere fisicamente in azienda, non sia mai stato sinonimo di ore effettive di lavoro: ve li ricordate tutti sul tetto a prendere il sole? Ve lo ricordate il ragioniere ricoprire altri ruoli pretendendo di lavorare? E tornando a noi, facciamo mai una chiacchierata con i colleghi?

Nella mia esperienza non remota fuori Italia, ho lavorato in aziende con ping-pong e/o biliardino, ad esempio, dove io ero spesso presente, anche fosse per distrarmi un attimo, prima di risolvere il prossimo task, prima del prossimo meeting, dove ho conosciuto e sfidato altri colleghi di settori diversi o il boss stesso (e l’ho anche legnato qualche volta … ma era molto bravo!).

Se biliardino e ping-pong sembrano usciti dall’isola che non c’è, torniamo a situazioni più comuni: andate mai al bagno, o a prendere un caffè, o a fumarvi una sigaretta? … avete mai burocrazia da sbrigare con uffici aperti solo durante i vostri orari lavorativi?

Nel mio caso, in 16 anni di lavoro fuori Italia l’azienda ha sempre e solo valutato il risultato, l’impatto, la competenza, la disponibilità eccezionale fuori orario, raramente richiesta, ed io ho sempre valutato la loro flessibilità:

  • nessuno controllava ora di inizio e di fine lavoro, né l’azienda, né i colleghi … c’era un range di disponibilità richiesto solo per riuscire ad organizzare meetings con tutti i colleghi necessari, ma nessuno ha mai fatto l’appello o controllato di fatto tale range per un team internazionale
  • nessuno se la prendeva se un giorno lavoravo meno, in periodi tranquilli, ma ho anche recuperato il Sabato, la Domenica, o quando faceva comodo a me, qualora avessi fatto meno ore in settimana o il giorno prima e c’era una deadline importante, il tutto senza mai fare straordinari (ed i bonus ricevuti sono sempre stati al top)
  • ho lavorato durante viaggi in treno, aereo, e ciò nonostante ho sempre consegnato, ed il tutto senza stress!

Lungi da me insinuare sia io particolarmente bravo: eravamo tutti nella stessa situazione e tutti molto affiatati, cooperativi, mai meschini o subdoli con i colleghi, una vera famiglia, come piace a tante aziende pensarsi come posto di lavoro … non trovate siano belle esperienze da raccontare?

No? Beh, a me sono piaciute ed auguro a tanti di farne esperienze così!

Per concludere

L’unico modo per far si che il lavoro da remoto funzioni per azienda e dipendente è la fiducia e flessibilità reciproca, senza troppi se o ma … non ci sono altri modi per lavorare da remoto; non si possono contare le ore perché le ore stesse lavorate non significano niente; bisogna vivere in un ambiente di lavoro rilassato, invece di essere ossessionati dal chi ha lavorato quanto … tale quale quando un avvocato, o un commercialista, vi presenta la fattura: avete controllato “bene bene” quante ore effettive abbiano fatto … o vi fidate siano persone oneste e che sanno fare il loro lavoro?

Spero tanto che i fortunati capaci di lavorare al 100% da remoto abbiano questa fiducia reciproca con la loro azienda, ma finché amici e passanti mi pongono questa domanda immagino che purtroppo ci sia ancora molto da cambiare, come mentalità, per riuscire ad imitare aziende remote e di successo fuori il nostro caro bel paese.

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Andrea Giammarchi

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