In 20 anni non ho mai scritto “foo”, “bar” o “pippo” se non per esempi veloci in Twitter, o in qualche discussione nella mailing list di ECMAScript, dove la sintassi da spiegare era, eccezionalmente, più importante del nome variabile. In ogni caso, viene considerata una cattiva abitudine scrivere “foo” o “bar” anche negli esempi dei libri di programmazione, poiché, come spiegato all’inizio dell’articolo, i nomi delle variabili devono avere un significato ben preciso. Da qui ad approvare codice contenente “foo”, “bar”, o “pippo”, in produzione, ce ne passa. Se in Italia si scrivono variabili a caso, significa che il problema è molto più grave di quanto pensassi, o che le persone che scrivono codice non prendono il loro lavoro seriamente. Riguardo PA con persone competenti dietro, sono certo ce ne siano, ma sicuramente fanno parte di un’eccezione, quando dovrebbe essere il requisito base per lavorare nel settore software della PA, ma appunto la professione di sviluppatore software, in Italia, troppo spesso non è presa seriamente. Il sito docs.italia.it sicuramente sembra avere una struttura superiore, ed un codice meglio organizzato, ma anche loro non hanno un processo di bundling, e molti sorgenti non sono minificati, cosa che ritengo inammissibile nel 2020. Hanno anche il loro require
“home made”, invece di usare bundlers come fanno tutti gli altri, bundlers che automaticamente fanno minificazione codice, tree-shaking, ed altre ottimizzazioni, con tanto di source-map in uscita, se il debugging è il motivo per non minificare. Tutte cose già risolte da anni, come l’abbandono della libreria jQuery, che solo in Italia sembri invece ancora spopolare. Si, ci sono persone più brave, ma il livello, purtroppo, è abbastanza arretrato rispetto ad altri paesi, spero solo migliori in fretta.